venerdì 24 ottobre 2008

Lo Zingaro (Arma Artis)



Come tutte le altre notti, ero alla ricerca di qualcosa.
Da molto tempo non prendevo in mano il libro di Toth.
La prima carta era quella degli Amanti, il loro amorino in alto, con il suo minuscolo arco e freccia, mi indicava la direzione, mutata ora, come mutevole è il vento.
La seconda carta era la Papessa, che mi rimproverava, perché negli ultimi anni avevo fatto poco per lei, anche se io cercavo di farle capire che, secondo me, non era la verità.
Infine lo Zingaro: mi guardava torvo, con lo sguardo di chi conduce una vita dissoluta, spesso per scelta, o forse per imposizione, o tutte e due le cose;
mi accusava di avergli sottratto il Caduceo, ma gli rispondevo di averlo trovato sulla spiaggia e che quindi ora era mio e di starmi alla larga;
Ora cenavo con un vecchio generale, pane bianco, burro e miele, ed egli mi confidava di mangiare solo quello, poiché quello gli bastava;
Uscito da lì, pioveva e riparavo me e Anima dalla pioggia, e con l’ombrello a mò di scudo e il bastone del mendicante come spada, pensavo che in fondo le Armi dell’Arte devono per forza essere così.
Semplicità e Umiltà.

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